IL CICLO DI VITA DEL RISO

 

Come nasce la risaia. Le varie parti pianeggianti dei campi non si presentano mai allo stesso livello. In passato, prima dell’avvento della meccanizzazione, ci si adattava alle condizioni del terreno, il cui profilo altimetrico era, solitamente, irregolare. Pertanto, si costruivano numerosi argini seguendo le curve naturali del terreno che avevano livelli a quote differenti anche di pochi centimetri. Ciò comportava la formazione di una fittissima rete di arginelli dall’andamento non sempre rettilineo e la suddivisione dell’appezzamento in numerose piccole “camere” a livelli differenti. Conseguentemente, si poteva eseguire il livellamento del terreno con operazioni non eccessivamente onerose. Con l’avvento e la diffusione della meccanizzazione è sorta l’esigenza di operare su adeguate dimensioni di superficie, per poter convenientemente impiegare le macchine occorrenti per le diverse operazioni colturali. Si è pertanto provveduto alla sistemazione del terreno in base a concetti più moderni e razionali, che consentono di effettuare rilevanti spostamenti di terra con mezzi meccanici (bonifica).

I nostri appezzamenti (Cascina Cineroli e terre di Recetto) sono stati progettati dalla mente arguta, creativa e fantasiosa di Luigi Cozzi che ha saputo conciliare la più moderna meccanizzazione con i dettami dell’agricoltura tradizionale. Perspicace e volitivo, Luigi Cozzi ha scommesso su una sua fantasia e, con la sua innata passione per la terra, è stato il pioniere delle sconfinate “camere” di riso.

Grazie a Luigi Cozzi le nostre “camere” risultano così divise tra loro da argini ben solidi e compressi, per evitare gli smottamenti e tutto il complesso dell’appezzamento ha, a sua volta, argini più robusti, terrapieni a valle, strade di servizio e le canalizzazioni che servono per allagare e raccogliere le acque di scolo. Poiché l’acqua limpida e corrente deve riempire tutta la “camera” e deve scolare in quella successiva, le “camere” sono solcate da piccoli fossi che attraversano le “camere” sia in senso verticale sia in senso orizzontale, e che consentono di distribuire l’acqua e farla scolare. L’acqua arriva dal canale nella prima “camera” attraverso la bocchetta d’ingresso, ben protetta, per evitare un’eccessiva erosione dovuta al passaggio dell’acqua; la bocchetta a valle, collegata a quella di ingresso con un solco che favorisce lo scorrimento, riversa l’acqua nella “camera” successiva: le risaie si allagano a cascata una dopo l’altra.

Il risultato è un mare a quadretti … un paesaggio che sembra fatto di tanti piccoli laghi delimitati da semplici argini, ma che, ad uno sguardo più attento, rivela un sistema complesso ed ingegnoso oltre che meticolosamente strutturato.

 

Luigi Cozzi fondatore de

“il Re del Riso”

L’aratura ed il livellamento.
Tra l’inverno e la primavera (solitamente dopo la metà di marzo), il terreno viene rivoltato. Un tempo l’aratura veniva effettuata dai contadini, dapprima con l’ausilio dei buoi e, successivamente, con l’ausilio dei cavalli. Al giorno d’oggi, invece, i trattori trainano in campo attrezzature dotate di grandi lame d’acciaio che tagliano il terreno, lo lavorano e lo rivoltano. Il rivoltamento del suolo con l’aratro serve per aerare il terreno, facilitare l’incorporamento del fertilizzante, affossare gli elementi organici e ripulire il terreno dalle erbe spontanee avventizie o infestanti.

Eseguita l’aratura, il terreno deve essere livellato, per ottenere una “camera” perfettamente piana, senza dislivelli o buche che sarebbero di ostacolo ad un meticoloso controllo dell’acqua. Una delle condizioni prime per conseguire un risultato tecnico-economico superiore in risicoltura è quello di preparare un letto di semina il più possibile piano. Rilievi e bassure, infatti, non permettono manovre d’acqua accurate, non consentono di utilizzare in modo uniforme gli elementi fertilizzanti apportati ed impediscono l’attitudine della pianta ad accestire regolarmente.

Un tempo si immetteva nella risaia l’acqua che, fungendo da livella, consentiva di individuare rilievi e bassure, che venivano poi sminuzzate dalle donne con le zappe, mentre un cavallante livellava il terreno con lo spianone, ovvero passava con una tavola di legno trainata da un cavallo. Questa operazione era piuttosto faticosa, in quanto veniva eseguita a piedi nudi nell’acqua ancora fredda di inizio primavera.

Oggi il livellamento avviene su terreno asciutto attraverso una livella laser: si posiziona nel campo un cavalletto munito di trasmettitore che invia il segnale laser ad un ricevitore posizionato sul trattore. Conseguentemente, la livella si alza e si abbassa automaticamente per livellare perfettamente il terreno.

In questa fase è importante consolidare gli argini per evitare smottamenti ed è essenziale pulire accuratamente i fossi e le rogge, nonché sistemare le chiuse che consentono il passaggio di acqua corrente e la regolazione del dislivello tra le varie risaie.

 

 

La concimazione.
Nella concimazione di fondo, che si effettua a fine marzo, vengono distribuiti concimi organici e minerali per apportare azoto, fosforo, potassio nella misura in cui il terreno e la pianta necessitano. Gli obiettivi di questa fertilizzazione sono molteplici: 1) modificare un eventuale stato di carenza del suolo, con riferimento ai singoli elementi nutritivi necessari per la crescita di una pianta sana e vigorosa; 2) accrescere il potenziale di fertilità del suolo; 3) compensare le asportazioni degli elementi conseguenti la produzione e la raccolta del riso, tenuto conto delle inevitabili dispersioni; 4) ripristinare, tra i diversi elementi della fertilità, un rapporto proporzionato a quello della loro utilizzazione da parte della pianta; 5) accrescere il valore merceologico, oltre a quello biologico, del riso.
L’erpicatura.
E’ una lavorazione che consiste nella rottura della crosta superficiale di terreno formatasi a seguito del livellamento. In passato, veniva effettuata sia passando con l’erpice fisso, trainato da un cavallo guidato da un cavallante, sia con la zappatura (smottatura) che era affidata alle donne. Al giorno d’oggi, invece, di utilizza l’erpice trainato da un trattore. L’erpicatura è una lavorazione fondamentale per arieggiare ed ossigenare il terreno ed è essenziale sia per consentire l’incorporamento dei fertilizzanti distribuiti nel terreno, sia per facilitare la semina del riso.

 

 

La sommersione.
La funzione della sommersione, che avviene subito dopo l’erpicatura ed il livellamento, è quella di proteggere il futuro seme e la piantina dagli sbalzi termici e mantenerli a temperatura costante; essa avviene riempiendo la risaia con acqua corrente, limpida e cristallina.

La presenza del riso è pertanto favorita dall’abbondanza dell’acqua. La regione Piemonte è ampliamente coltivata a risaie proprio grazie alla grande quantità d’acqua disponibile sia per la presenza di risorgive, sia per la presenza di canali artificiali, il più importante dei quali è il Canal Cavour, un’autostrada d’acqua lunga 80 km, che parte dritta, curva dove serve e passa sotto ai fiumi. E’ una rete capillare che risale al ‘400: alcuni tratti furono progettati da Leonardo.

L’asse portante, il Canale Cavour, prende il nome dal conte Camillo Benso di Cavour, al tempo Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo Piemontese e che fu uno dei promotori di questa grande opera, i cui lavori ebbero inizio nel 1863 e terminarono nel 1866: 14.000 uomini in meno di tre anni realizzarono, con mattoni e pietra naturale, un complesso sistema che avrebbe permesso l’irrigazione dei terreni e che è, tutt’oggi, da considerare il fiore all’occhiello dell’ingegneria idraulica italiana ed europea: un progetto d’irrigazione colossale che pose le premesse per il futuro “triangolo d’oro del riso”. Il Canale Cavour ha origine dal fiume Po a Chivasso (chiavica di imbocco), viene integrato con le acque della Dora Baltea, attraversa la pianura vercellese, sottopassa il fiume Sesia e percorre la pianura Novarese per poi terminare nel Ticino. Il fiume Sesia (letteralmente “La Sesia”) nasce a 2.500 m sul Monte Rosa, dal ghiacciaio omonimo e, scendendo lungo la Valsesia, riceve le acque di numerosi torrenti sino a fare da naturale linea di confine tra le province di Novara e Vercelli. E’ lungo circa 140 Km ed è uno dei fiumi più lunghi del Piemonte.

ll Canale, che preleva acqua principalmente dal Po, dalla Sesia e dal Lago Maggiore, con i suoi diramatori, serve una rete irrigua di 20 mila km, sotto il controllo delle Associazioni di Irrigazione Est e Ovest Sesia tramite gli acquaioli che regolano i canali al millimetro e riescono a fornire ad ogni agricoltore la quantità d’acqua necessaria. Grazie a scorrimento e sommersione, Est e Ovest Sesia prendono l’acqua dai fiumi, la fanno viaggiare in rete e la riportano ai fiumi senza sprecarne neppure una goccia.

Gli uomini hanno convogliato l’acqua con una rete di rogge, navigli e canali che si tuffano uno dentro l’altro per scivolare dentro alle risaie sino a creare un razionale sistema di irrigazione: si organizza la sommersione dei campi con piccole chiuse, dighe o arginelli che dividono le risaie in vari scomparti.

In questo modo si riesce sempre ad avere acqua corrente nelle risaie e non stagnante, per evitare il formarsi della cosiddetta “panna” in superficie.

Le terre si allagano ed è tutto uno scorrere d’acqua: prima si vede il mare a quadretti e poi le piantine che sbucano.

La semina in acqua.

 

In un tempo non molto lontano, fino circa a 40 anni fa, il riso veniva coltivato in piccoli appezzamenti, detti semenzai, e poi trapiantato a mano dalle mondine: mentre un uomo o un ragazzo, gettava i mazzetti di riso nell’acqua, le mondine piantavano con il dito nel terreno molle (perché sommerso dall’acqua) le piantine di riso camminando all’indietro sempre una a fianco dell’altra. La piantina finiva in risaia solo dopo avere superato la sua prima fase di crescita.

Questo sistema, divenuto troppo oneroso, è stato abbandonato; attualmente, la semina diretta è praticamente l’unico metodo di coltura del riso in Italia. Oggi la semina avviene direttamente nelle camere di risaia, già sommerse d’acqua.

Si semina in aprile, subito dopo l’allagamento delle risaie.

La scelta del momento della semina è fondamentale: se si semina troppo presto si subisce il rischio dell’andamento climatico del mese di aprile che può riservare ancora giornate con temperature troppo basse. Inoltre l’acqua usata per la sommersione delle risaie è, in buona parte, derivata dalla Dora Baltea e nei canali derivati da questo fiume a regime nivo-glaciale, in aprile, le temperature si aggirano sui 10 gradi. L’acqua nella risaia ha una funzione termoregolatrice essenziale nelle prime settimane di sviluppo della piantina: evita gli eccessivi sbalzi termici dal giorno alla notte, cedendo il calore accumulato con il sole primaverile nelle ore notturne ancora fresche. Può essere immessa o tolta tempestivamente per il variare delle condizioni climatiche, per contrastare lo sviluppo delle alghe e della vegetazione acquatica infestante, per uccidere parassiti o per favorire la maturazione del riso.

Oggi, di tutte le varietà di riso, conosciamo con precisione il tempo che trascorre dalla semina al raccolto e, solitamente, anche per le varietà più tardive, la semina non si protrae oltre la prima decade di maggio, per evitare di effettuare il raccolto ad autunno inoltrato, con i rischi legati alle piogge ed al maltempo. Per combattere la varietà infestante del “riso crodo”, negli ultimi anni si è comunque diffusa la tecnica della semina tardiva, dalla seconda alla terza decade di maggio, la cui diffusione è suggerita anche dalla crescente razionalizzazione dell’utilizzo dell’acqua secondo una “distribuzione graduale” nel territorio. La semina tardiva consente, peraltro, di attuare la “falsa semina”, un’antica tecnica agronomica che consiste nel preparare il terreno e nell’irrigarlo, come se si effettuasse una normale semina, ma, in realtà, il seme non viene distribuito sul terreno. In questo modo, si va a stimolare la germinazione dei semi delle piante infestanti presenti in risaia, come il crodo, che vengono successivamente eliminate con un’operazione meccanica tramite l’erpice.

Prima di procedere con la semina, i semi di risone sono lasciati preventivamente in acqua per rivitalizzarli e dar loro peso, in modo che non galleggino sull’acqua, ma si depositino sul fondo: in questo modo, si riduce il rischio di fluttuazione dei semi che avrebbero difficoltà ad attecchire e si garantisce una distribuzione omogenea delle future piantine. La semina in acqua è detta “a spaglio”, perché viene effettuata spargendo il seme alla rinfusa con un piatto meccanico girevole. Oggigiorno lo “spaglio” viene effettuato tramite sistema satellitare GPS, che consente maggiore precisione e minor spreco di semente.

Il seme di riso è un embrione che contiene tutti i minerali di cui la pianta ha bisogno nella prima fase di crescita; il seme in acqua, dopo circa 8 giorni, si gonfia ed emette una “radichetta” che si allunga verso il basso ed uno stelo che si allunga verso l’alto: a questo punto si asciuga la risaia per permettere alla piantina di riso di radicarsi bene nel terreno. Successivamente, il campo viene allagato nuovamente: da questo momento in poi, la risaia viene periodicamente e sapientemente prosciugata e poi irrigata.

 

 

 

 

 

La semina in asciutta.
Un’alternativa alla tradizionale semina in acqua è la semina “in asciutta”. Si utilizza una macchina collegata al trattore, che crea lo spazio per il seme ed, al contempo, lo lascia cadere sul suolo in lunghi filari; successivamente viene effettuata la “rollatura” grazie a cui il seme viene interrato. Seminando in asciutta, si lascia che il seme emetta una “radichetta” che si allunga verso il basso ed uno stelo che si allunga verso l’alto. Dopo circa un mese di asciutta (tempo indicativo in base alla varietà di riso ed alle condizioni metereologiche), viene fatta entrare l’acqua nella risaia; da questo momento in poi, la risaia viene periodicamente e sapientemente prosciugata e poi irrigata.

La semina del riso in asciutta, purtroppo, favorisce un aumento esponenziale dell’infestante “riso crodo”, una pianta molto simile al riso. Caratteristica principale del “crodo” è la tendenza delle cariossidi a staccarsi dalla pannocchia e cadere al suolo prima della raccolta del riso. La pianta di crodo si riconosce perché è più alta della pianta di riso ed il chicco è di colore rossastro; quando matura, il chicco non resta nella spiga ma cade a terra, rendendo impossibile la sua raccolta. La sua pericolosità sta nel maturare prima del riso e la granella, detta crodatura, molto resistente e capace di riprodursi per anni, cade a terra infestando in modo incontrollabile la risaia. Questo comporta una perdita di produzione che, in caso di ingente diffusione della pianta infestante nella risaia, può cagionare una drastica riduzione quantitativa e qualitativa del raccolto.

La semina in asciutta permette però di ottenere buoni risultati nelle risaie in cui si hanno problemi di fermentazione dovuta alla decomposizione della sostanza organica, nonché eccessiva presenza di alghe, di coppette o di punteruolo acquatico; inoltre, limita o ritarda lo sviluppo delle infestanti acquatiche (es. Alisma, Cyperus difformis, Heteranthera, alghe, giavoni…), limita l’emissione in atmosfera di vapore acqueo e riduce l’allettamento delle varietà a taglia alta (come ad esempio il riso Carnaroli, che raggiunge altezze superiori alla norma).

 

La monda
Sia che si proceda con la semina in acqua, sia che si proceda con la semina in asciutta, si assiste sempre, in risaia, ad un proliferare di erbe infestanti che diminuiscono le attitudini germinative del riso. Il controllo delle infestanti è conseguito attraverso la combinazione di sistemi colturali (rotazione), meccanici (aratura, erpicatura), chimici (diserbanti ed erbicidi) ed ecologici (prodotti naturali e monda a mano).

L’uso indiscriminato ed eccessivo di prodotti chimici, a lungo andare, causa non solo delle resistenze ma, soprattutto, lo sviluppo di nuove specie di infestanti difficili da debellare. Questo è il motivo per cui alcune aziende stanno ritornando alla monda manuale.

Un tempo, infatti, ci si serviva quasi esclusivamente delle mondine, o mondariso (dal verbo “mondare” che significa pulire), lavoratrici stagionali delle risaie. Il lavoro consisteva nel trapianto in risaia delle piantine (trapiantè, in piemontese) e nella monda (mundè), ovvero estirpare le piante che infestavano la risaia soffocando la normale crescita del riso.

La monda è un lavoro estremamente complesso e faticoso: le donne curve su se stesse con piedi e mani in acqua, camminando una a fianco dell’altra, tolgono le erbe infestanti, a volte molto simili alle piantine di riso, ma che devono essere riconosciute a colpo d’occhio. Un tempo il lavoro era effettuato in squadre ed in ogni squadra doveva essere designato un lavoratore o una lavoratrice con le funzioni di rappresentante di squadra , cioè “il capo o la capa”.

La monda ha inizio circa un mese dopo la semina e dura normalmente dai 45 ai 50 giorni, fino alla fine di giugno, ma può protrarsi, in casi eccezionali, sino a fine luglio.

Il ciclo biologico.
Il riso è esigentissimo in fatto di calore e di acqua: la temperatura deve essere elevata e costante per evitare i gravi danni cagionati dagli sbalzi termici.

Nelle regioni equatoriali, dove la temperatura è costantemente alta, si fanno anche 2-3 raccolti all’anno. Nei climi temperati l’unica stagione di coltura possibile è quella primaverile-estiva e con l’ausilio di irrigazione fatta con sistemi tali da svolgere anche importanti funzioni termoregolatrici. Il ciclo di vita, dalla semina alla maturazione, è di 150-180 giorni.

Il ciclo biologico del riso si svolge attraverso diverse fasi: germinazione, accestimento, levata, fioritura, fecondazione e maturazione.

Il seme germoglia solo in condizioni di temperatura e di ossigenazione ottimali; durante la FASE DI GERMINAZIONE i fattori importanti sono la quantità di ossigeno disponibile e la temperatura, che non deve scendere al di sotto dei 12°C. Nella semina in acqua, il seme si trova in condizioni di scarsa ossigenazione, con acqua fluente all’interno della camera; per questo motivo, dopo la formazione della piumetta è necessaria la prima asciutta della camera, affinché la radice primaria si leghi al terreno e la germinazione possa continuare. L’asciutta di radicamento determina così il potenziamento e l’allungamento delle radici, la migliore nutrizione della pianta ed un superiore sviluppo vegetativo.

Questa è forse la fase più delicata di tutta l’annata: il seme è infatti ancora poco ancorato al suolo ed in balia di flutti e correnti interne alla camera. Molti fattori possono staccarlo dal terreno e condurlo altrove: il vento, le masse di alghe in movimento ed i minuscoli crostacei presenti sul fondo. Questa fase si considera conclusa quando la pianta ha formato la seconda/terza foglia.

La fase successiva è detta ACCESTIMENTO ed è caratterizzata dalla formazione di appendici secondarie: in un periodo di 40/70 giorni dalla germinazione, si assiste alla progressiva comparsa di germogli secondari e radici avventizie e la risaia smette di assomigliare ad un lago, per diventare un prato verdissimo.

Durante questa fase i culmi si sviluppano prima dalle gemme poste alla base delle foglie e, successivamente, dalle gemme poste sui culmi già sviluppatisi. Il numero di culmi che si sviluppa varia a seconda delle varietà di riso, ma risente anche delle pratiche colturali ed, in particolar modo della densità di semina e della concimazione.

In coincidenza di questo periodo – in giugno – si ha l’inizio della fase di LEVATA durante la quale si allungano gli internodi del culmo, le foglie si accrescono e si sviluppa l’infiorescenza.

Il riso, oltre ad essere esigente in fatto di temperature, è molto sensibile alle escursioni termiche giornaliere. In questo periodo, la sommersione parziale della pianta si rivela molto utile, in quanto, durante la notte, l’acqua restituisce parte del calore accumulato durante il giorno, svolgendo così la funzione di “volano termico”, particolarmente importante alle nostre latitudini, per garantire la fertilità delle spighette e, conseguentemente, una buona produzione.

La fase di levata si conclude con la formazione delle prime infiorescenze e l’inizio del periodo riproduttivo della pianta.

Nei mesi di luglio e agosto avviene la FECONDAZIONE principalmente per autoimpollinazione. Il processo di fioritura ed impollinazione parte dal colmo della spighetta procedendo verso il basso. Il fiore del riso si apre 90-100 giorni dopo la germinazione del seme, a luglio, ed è protetto dalle glume e dalle glumelle; il fiore contiene 6 stili che portano le antere (organo maschile) le quali contengono il polline; alla base del fiore c’è il pistillo (organo femminile) formato dall’ovario e dallo stigma su cui cade il polline. La fecondazione dura da 5 a 60 minuti: il polline viene raccolto dall’ovulo con l’aiuto delle piumette e da allora (ad agosto) inizia a costituirsi la cariosside che matura, secondo le varietà, tra settembre e ottobre. Durante il periodo in cui avviene la fecondazione sono importantissimi la temperatura e l’umidità dell’aria.

L’ultima fase è quella della MATURAZIONE, durante la quale l’ovario si trasforma in cariosside rivestita: il chicco inizia così a ricevere ed accumulare le sostanze nutritive, passando da una consistenza lattea, ad una cerosa ed infine vitrea. Anche la maturazione della pannocchia procede dall’alto verso il basso e si conclude, a seconda delle varietà, nei mesi di settembre/ottobre.

Il raccolto.
La scelta del momento giusto del taglio ha una certa importanza e le difficoltà sono legate al fatto che la velocità e l’uniformità di maturazione del riso variano secondo numerose componenti, a partire dalle varietà.

Durante il processo di maturazione, l’amido, accumulato essenzialmente nelle due ultime foglie, si trasferisce nelle cariossidi (frutti secchi). Il progressivo accumulo termina con la completa formazione del granello. La lunghezza massima della cariosside viene raggiunta 25-30 giorni dopo la fioritura, da settembre ad ottobre; la larghezza e lo spessore, invece, hanno un rapido incremento circa 30 giorni dopo la fecondazione.

Fino al 1950 il raccolto veniva praticato manualmente con un falcetto. I primi successi nella meccanizzazione si ottennero negli anni ’50 con l’avvento delle mietitrebbiatrici semoventi ad opera dell’Ente Nazionale Risi. Attualmente il raccolto viene eseguito esclusivamente mediante l’impiego di mietitrebbiatrici, il cui progresso tecnologico ha raggiunto, negli ultimi anni, punte di perfezione altissime. In Italia, le operazioni di raccolta del riso hanno luogo, per la maggior parte, nei mesi di settembre-ottobre.

Il riso appena raccolto viene denominato risone o riso grezzo ed è rivestito dalle glumelle, involucri rigidi e non commestibili

L’essiccazione e lo stoccaggio.
Il riso appena raccolto contiene sempre un’elevata umidità e deve pertanto essere sottoposto ad essiccazione per minimizzare l’attività microbica e la respirazione, nonché per stabilizzare il prodotto.

Un tempo l’essiccazione avveniva nelle aie delle cascine riempiendo, con la marea di chicchi di riso ancora ricoperti dalla lolla, tutti gli spazi dell’aia esposti al tiepido sole di inizio autunno: il riso veniva mosso manualmente ogni giorno per evitare la fermentazione e favorire la riduzione della percentuale di umidità.

Oggigiorno si usano essiccatoi che immettono aria calda a temperatura variabile; gli essiccatoi si differenziano tra quelli statici (a ciclo giornaliero o prolungato) e quelli dinamici, ovvero col movimento del prodotto ad intermittenza o continua.

La Società Agricola Cozzi Luigi & C. s.s. aveva, in passato, un essiccatoio statico ed è ora dotata di un impianto di essiccazione a ciclo dinamico a movimento continuo, nonché di propri silos idonei allo stoccaggio del proprio prodotto.

Il riso appena raccolto viene portato negli spazi predisposti sotto il portico, dove viene scaricato e stoccato, ma non è possibile accumulare grandi quantità, poiché il riso possiede un elevato contenuto di umidità che potrebbe determinarne la fermentazione. Conseguentemente, l’essiccazione viene fatta subito dopo la raccolta e, comunque, non oltre le 15-20 ore da questa, pena la fermentazione.

Prima di entrare nell’essiccatoio, il riso passa attraverso dei setacci e dei vagli che servono a separare ed eliminare i residui di paglia, i semi delle malerbe, la granella vuota e le impurità dal chicco; successivamente, il riso viene trasmesso al corpo essiccante vero e proprio che, con l’immissione di aria calda e con il movimento continuo del prodotto, favorisce l’abbassamento della percentuale di umidità in modo uniforme.

Le modalità con cui il riso è essiccato sono molto importanti, poiché influiscono sulla qualità del prodotto: perdite di umidità eccessivamente rapide possono infatti provocare indesiderate fessurazioni o rotture delle cariossidi (la società Agricola Cozzi Luigi & C. s.s. opera in modo di perdere un punto di umidità ogni due ore di essiccazione).

Terminata l’essiccazione, il riso viene sottoposto ad un ciclo di raffreddamento controllato, al fine di portare il prodotto a temperatura ambiente senza che il chicco subisca stress.

Terminato il raffreddamento, il riso è pronto per essere stoccato; durante questa fase viene sottoposto ad un’ulteriore pulitura per ventilazione e vagliatura, al fine di eliminare i residui dell’essiccazione.

Successivamente il riso viene immagazzinato nei silos.

Il granello di riso essiccato e stoccato non è ancora commestibile per la presenza dei rivestimenti esterni della cariosside. Questi rivestimenti hanno nomi diversi a seconda che si faccia riferimento a termini botanici oppure ad altri di carattere più merceologico. Così le glume esterne vengono anche chiamate lolla; la parte più esterna della cariosside, costituita dal pericarpo e dagli strati aleuronici, è rispettivamente indicata come pula e farinaccio, mentre il germe viene chiamato merceologicamente gemma e l’endosperma è il chicco di riso lavorato.

Una volta essiccati, i chicchi di riso greggio (detto comunemente risone) sono ancora avvolti dalle glumelle, dure, legnose e ricche di acido silicico (da cui la denominazione di “riso vestito”). A questo punto del procedimento, l’embrione è ancora in grado di germinare, per cui i chicchi sono anche adatti alla semina. Essi non sono però ancora utilizzabili per fini culinari.

SEPARATORE PADDY

La lavorazione e i sottoprodotti.

 

La lavorazione del riso è un’importante variabile che interviene a determinare la qualità del prodotto.

Se guardiamo da vicino un chicco di risone, ci accorgiamo che esso è coperto da un guscio ruvido e duro: la lolla, un tessuto che va tolto per rendere il riso commestibile. La lolla rappresenta il 20% del peso del chicco. L’obiettivo è quello di rimuovere gli strati cellulari più esterni con il minimo di rotture.

Il risone viene scaricato nella fossa e successivamente mandato ai silos di stoccaggio per poi passare in un altro silos detto “scorta di lavorazione”. Inizia così la lavorazione vera e propria.

Il risone viene mandato nel pulitore, detto TARARA, per togliere, tramite un setaccio vibrante, tutte le impurità ancora presenti. La macchina è dotata di un movimento vibratorio ed equipaggiata con due telai forati sovrapposti ed inclinati per favorire l’avanzamento del prodotto. Il primo telaio ha i fori più grandi dei chicchi, per consentire il passaggio del riso e la caduta nel telaio sottostante, mentre tutti i corpi estranei più grandi, come la paglia, rimangono sopra e vengono così separati. I fori del telaio sottostante sono invece più piccoli dei chicchi di riso e non ne consentono il passaggio; il riso rimane sopra il telaio e prosegue il suo percorso, mentre dai fori scendono tutti i corpi estranei più piccoli (terra, sassolini e sementi infestanti tra cui i giavoni), che vengono così separati. Tutto il sistema è attraversato da un flusso d’aria in controcorrente, che provvede ad aspirare le parti più leggere come polvere, frammenti di lolla e chicchi di risone vuoti.

Successivamente il riso entra nello SBRAMINO A RULLI, che riesce a sbucciare circa il 90% del risone, asportando il 90% di lolla. Lo sbramino è un apparecchio costituito da un recipiente cilindrico contenente due rulli, di uguale diametro, coassiali e mantenuti a una distanza regolabile, prossima alla dimensione della cariosside. Le cariossidi entrano dall’alto, in posizione centrale e passano attraverso i due rulli, che girano in senso contrario a velocità diverse, per cui si crea una condizione di attrito o strappo, che riesce a staccare la lolla. La lolla, essendo molto leggera, viene separata con un flusso d’aria aspirante e inviata ai silos di stoccaggio, per essere poi utilizzata come letto per le stalle o per il pollame e per produrre energia.

Il prodotto entra poi nella VENTOLATRICE che lavora in aspirazione: la ventola aspira la lolla e lascia cadere il riso.

Durante la sbramatura la pressione dei rulli non deve essere troppo forte per non rompere i chicchi ma, così facendo, non tutti i chicchi vengono sgusciati; una volta asportata il 90% circa di lolla, resta ancora il 10% di “riso vestito”.

La separazione dei chicchi ancora vestiti avviene con una macchina chiamata SEPARATORE PADDY. Il riso viene fatto entrare nel separatore PADDY, che sfrutta la differenza in peso specifico tra il riso sgusciato ed il risone; il paddy è una macchina dotata di speciali zig-zag e di un movimento di oscillazione laterale: il riso pulito scende verso il basso in quanto più scivoloso, mentre il riso ancora vestito sale per entrare nel SECONDO SBRAMINO, in pietra e gomma.

Il riso sbramato entra così nel BONARDE o SEPARATORE CALIBRATO che, sfruttando il diverso spessore dei chicchi, separa il riso bello da quello meno bello. Il bonarde è infatti costituito da cilindri, leggermente inclinati in avanti, che ruotano attorno al proprio asse e aventi tagli di diversa larghezza; mentre il cilindro gira, i chicchi di riso avanzano al suo interno: chicchi di riso normali non passano attraverso le feritoie e proseguono la corsa fino all’uscita, mentre quelli immaturi, più sottili, passano attraverso le feritoie e vengono così separati (per essere destinati ad uso animale). Poiché lo spessore dei chicchi è diverso per ogni varietà, occorrono cilindri con feritoie adeguate ad ogni tipo di riso.

Il risultato è il “riso integrale grezzo”.

Il riso entra infine nello SPIETRATORE che toglie i sassolini residui tramite un setaccio vibrante; il risultato è il RISO INTEGRALE (internazionalmente chiamato CARGO) detto anche SEMIGREGGIO o BROWN, tanto apprezzato dai consumatori: il chicco, composto dall’amido di riso e dal germe, è stato sbramato, cioè liberato dallo strato esterno delle glumelle, ma conserva la gemma ed è ancora avvolto dalla preziosa pellicola argentea (pericarpo). Proprio a causa di questa pellicola, l’acqua in cottura fatica a penetrare nel chicco, motivo per cui occorrono circa 40 minuti per cuocerlo. Il nostro riso integrale, dalla colorazione variegata e particolare, ha un profumo d’altri tempi, quello dell’erba di campo appena tagliata: ciò è dovuto al fatto che viene utilizzata esclusivamente semente certificata e non modificata geneticamente, nonché al fatto che viene coltivato nel rispetto dell’antica tradizione contadina, come comprovato dalla presenza dei chicchi rossi (riso selvatico).

 

Per ottenere il riso bianco, dobbiamo procedere con la lavorazione.

La levigatura avviene per abrasione ed è l’ulteriore operazione meccanica a cui viene sottoposto il riso: si tratta di una raffinazione che ha lo scopo di asportare i tegumenti esterni dei chicchi, cioè il “pericarpo”. Fin dai tempi più antichi la lavorazione del riso avveniva nel classico mortaio. Affondando il pestello nel centro del mortaio, si obbligavano i chicchi a spostarsi e a creare un riflusso verso l’alto. Questo movimento induceva i chicchi a sfregarsi tra di loro, creando un’azione abrasiva che lentamente eliminava la parte esterna.

Alla fine del 1800 venne creato il MECCANISMO AMBURGO, di cui ancora oggi noi ci serviamo, perché riteniamo il migliore e che rivoluzionò il modo di levigare il riso: anziché far girare il riso contro la parete abrasiva, si fece girare la pietra abrasiva contro il riso. Una speciale miscela di materiali abrasivi riveste un tronco di cono, creando così una mola a smeriglio; le mole sono montate su un albero centrale che le mette in rotazione ed è circondato, a 2/3 cm di distanza da un cestello forato. Mentre il cono gira, il riso entra nello spazio esistente tra il cono ed il cestello forato e tende a cadere verso il basso, ma la rotazione del cono, con la sua forza centrifuga, riesce a trascinarlo facendogli fare parecchi giri, prima di uscire dal fondo. In questo modo la superficie di smeriglio del cono “gratta” i chicchi, asportandone la parte esterna. Per evitare che l’abrasione del cono agisca sempre sugli stessi chicchi, cioè quelli che si presentano vicini alla sua superficie, tra un telaio e l’altro viene inserita una striscia sporgente di gomma che obbliga i chicchi a passare forzatamente contro il cono ed a rimescolarsi, ottenendo così una lavorazione omogenea, uguale per tutti i chicchi.

A mano a mano che si procede con l’asportazione delle parti esterne il riso diventa sempre più fragile e quindi la granulometria dell’abrasivo deve essere sempre più fine in modo da ridurne l’aggressività e rendere più delicata la lavorazione. Continuando a lavorare, la superficie abrasiva dei coni tende a diventare liscia e perde la sua incisività; occorre quindi ravvivarla e renderla di nuovo graffiante, operando con una manutenzione manuale. Questa manutenzione consuma e riduce lo spessore esterno dello smeriglio che, giunto a un certo limite, deve essere ricostituito.

L’operazione di sfregamento tende a rompere i chicchi, per cui deve essere eseguita delicatamente, con più passaggi leggeri: normalmente si usano 3/4 passaggi. Con questa lavorazione calibrata si cerca di mantenere intatta una parte della gemma.

Il riso integrale entra nella PRIMA LEVIGATRICE formata da un cono in pietra: il riso scende esternamente al cono e viene graffiato. Nel primo passaggio vengono asportate la parte più esterna del pericarpo, costituito da una pellicola di cellulosa, e la prima parte dell’aleurone, nonché il 50% della gemma.

Successivamente il riso entra nella SECONDA LEVIGATRICE, sempre formata da un cono  in pietra, ma che si differenzia dalla prima levigatrice perché le dimensioni del cono diventano sempre più piccole e la grana dello smeriglio diventa sempre più fine. Nel secondo passaggio viene asportata gran parte dell’aleurone ed un’altra parte della gemma.

La sostanza asportata nei primi due passaggi si presenta sotto forma di una farina di color nocciola-mielato chiamata “pula”, ricca di fibra grezza e con un buon contenuto di grassi, vitamine, sali minerali e proteine; la pula viene risucchiata attraverso piccoli telai forati, da un impianto di aspirazione che la trasporta nel silos di stoccaggio.

Infine il riso entra nella TERZA LEVIGATRICE che asporta le altre cellule aleuroniche, una parte dell’endosperma ed un’ulteriore parte della gemma. Solo risi molto duri e resistenti, come ad esempio il thaibonnet, passano anche in una quarta levigatrice, mentre per i risi più delicati come il carnaroli, i passaggi si limitano a tre.

La terza e la quarta levigatrice eliminano il farinaccio di riso, che viene risucchiato, attraverso piccoli telai forati, da un impianto di aspirazione che lo trasporta nel silos di stoccaggio; il farinaccio si presenta color crema chiaro ed ha un ha un contenuto di fibra grezza, protidi e di lipidi più basso della pula. Sia la pula che il farinaccio vengono utilizzati come mangimi per gli animali.

A questo punto la lavorazione è terminata.

 

Il riso bianco così ottenuto entra nel PLANSICHTER, costituito da tre setacci: i chicchi belli galleggiano ed avanzano, mentre i chicchi piccoli e/o rotti cadono nei setacci e vengono inviati nel SEPARATORE AD ALVEOLI, che separa i chicchi rotti da quelli interi piccoli per scendere poi nel SEPARATORE CALIBRATO che divide la grana piccola da quella ancor più piccola.

La grana intera e bella che esce dal separatore calibrato si unisce alla grana uscita dal plansichter, per entrare nel LETTORE A FIBRA OTTICA che guarda i chicchi uno per uno ed elimina tutti quelli che non sono perfettamente bianchi: il lettore è fatto di canaline e telecamere che, quando individuano un chicco difettoso o un’impurità, li “soffiano via”; il lettore analizza il riso e riprende lo scarto per analizzarlo nuovamente.

In questo modo vengono eliminati i chicchi macchiati, quelli striati di rosso, eventuali semi estranei, pezzi di lolla e altri corpi estranei che hanno superato tutte le barriere predisposte per la loro cattura durante il processo di lavorazione e sono arrivati in fondo assieme al riso.

Sino a pochi anni fa, con l’eliminazione della rottura finiva il processo di lavorazione del riso. Con l’evoluzione della tecnologia, nelle moderne riserie, si sono aggiunti ulteriori passaggi con i quali è possibile garantire la totale assenza di corpi estranei nel prodotto. In pratica si riesce a fare con le macchine quel controllo che le nostre nonne facevano a mano, mettendo il riso in un piatto bianco, scartando i chicchi “macchiati” e tutte le eventuali impurità. I chicchi macchiati o “danneggiati”, sono quei chicchi che presentano delle macchie di colore marrone scuro o nero, più o meno estese e profonde sulla superficie.

Il riso così ottenuto è detto RAFFINATO.

Completato l’iter della lavorazione, il riso bianco rappresenta in media poco più del 50-60% del risone originale: se la “perdita” è notevole, non si dimentichi tuttavia che dalla corretta lavorazione del risone, come dalla sua corretta coltivazione, dipende non solo l’aspetto finale del chicco, ma anche il suo comportamento ai fornelli. Il riso non perfettamente maturo scuoce più facilmente, perché la struttura delle cellule amidacee nella cariosside non è perfetta; lo stesso avviene se il riso è stato male essiccato o mal conservato.

 

Il riso raffinato può essere ulteriormente trasformato in:

RISO BRILLATO, ovvero trattato con olio di vasellina medicinale, talco e glucosio

RISO CAMOLINO, ovvero trattato con olio di lino o di vasellina

RISO OLEATO, ovvero trattato con olio di vasellina

Questi tipi di riso sono molto richiesti in Turchia.

 

….. a breve verranno pubblicati i video di tutte le attrezzature utilizzate per la lavorazione e raffinazione del riso….

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